Review from Aristocrazia Webzine
August 15, 2018From: Aristocrazia Webzine
Published: August 6, 2018
È la prima volta che ci troviamo a che fare direttamente sia con gli Eye Of Solitude che con i Marche Funèbre, eppure entrambi i progetti sono a loro modo delle vecchie conoscenze.
Partendo dai secondi, nella formazione belga milita da ormai qualche anno Boris "Jabawock" Iolis, qui al basso, ma polistrumentista e compositore nel suo progetto personale, i Soul Dissolution. Ancora, il cantante Arne Vandenhoeck ha servito come rimpiazzo durante il tour europeo che i Disembowelment, pardon, gli Inverloch fecero nel 2016 a supporto di "Distance | Collapsed". D'altra parte, gli Eye Of Solitude sono una delle innumerevoli band in cui milita il bravo Daniel Neagoe, polistrumentista romeno di stanza a Londra e impegnato (tra gli altri) come tuttofare dei Bereft Of Light e batterista di Pantheist e Shape Of Despair. Come i Bereft Of Light, però, gli Eye Of Solitude sono un progetto suo, e — benché accanto a lui trovino spazio altri quattro musicisti — è proprio il romeno l'unico membro fondatore rimasto in formazione.
I due gruppi propongono in questo split una traccia ciascuno, di durata più o meno simile (poco meno di un quarto d'ora per i Marche Funèbre, poco più per gli Eye Of Solitude), ma le due declinazioni di doom metal in cui si cimentano non potrebbero essere più distanti. Gli Eye Of Solitude, come prevedibile visti i nomi cui si è legato Neagoe, sono figli della scuola funeral più melodica ed evocativa, affogano il loro dolore nelle tastiere, alternano growl a vocalizzi eufonici a corredo di queste tastiere e in generale asciugano tremendamente i testi, tanto che nei quattordici minuti di cui fanno uso non superano le cinquanta parole. Come quasi sempre accade quando si è alle prese con il funeral less is more, e quanto più le strutture sono semplici e istintive, tanto più ne giova la musica, e infatti "Collapse" farà impazzire tutti i fan degli Shape Of Despair, né più né meno. Non serve inventarsi cinque riff buoni, quando ne hai uno e puoi farlo durare dodici minuti suonando più piano che puoi, e poi puoi sempre sfruttare tastiere e sintetizzatori per aggiungere ancora due minuti in apertura e altri due minuti di coda. Ecco, gli Eye Of Solitude fanno questo, ma lo fanno con il giusto equilibrio tra classe e clamorosa ruffianaggine, e ne esce ciò che in gergo tecnico viene definito un pezzo della Madonna.
I Marche Funèbre, d'altro canto, sono più vari e arzigogolati, ma meno incisivi: sorta di versione doom dei Primordial, attingono a piene mani dal sound classico del genere per poi rielaborarne una versione estremizzata e appesantita. Riff e voci che hanno scritto Solitude Aeturnus nella doppia elica, ma da un momento all'altro vengono sostituiti da ripetizioni infinite di chitarrone abissali e growl e latrati. Un operato discreto, che tuttavia sconta un'eccessiva ripetitività: per riuscire a far convivere i suoni classici in una rilettura estrema da un quarto d'ora devi essere bravo, ed è ancora meglio se sei molto bravo. I Marche Funèbre sono solo bravini, e peccano di autoindulgenza abusando un po' troppo di quel buon riff, approfittando un po' troppo di quella buona intuizione e, come correttamente sottolineato da un commento letto online a loro riguardo, durano un po' troppo per riuscire a rimanere interessanti fino alla fine. Se sintetizzassero la loro proposta, farebbero il salto di qualità.
Reviewed by: Gabriele Strano
Posted by Nick Skog. Posted In : Italian